“ Quando si superano i 70 anni, la vita sembra trasformarsi in un sacchetto di caramelle quasi vuoto. Gli anni passati, pieni di esperienze, lavoro, famiglia e sogni, sono ormai alle spalle, e ciò che resta diventa prezioso. C’è chi, con fortuna, riesce a spingersi fino a 95 o 100 anni e in ottima salute e altri…persino oltre. Altri ancora, invece, vedono la loro vita accorciarsi ben prima, fermandosi sui 70 o 80 anni. E c’è chi, purtroppo, non arriva nemmeno a queste età, spegnendosi a 20, 30 o 40 anni, o arriva a tarda età, ma ammalato, se non addirittura molto sofferente. È un privilegio, dunque, poter invecchiare e invecchiare sani, perché l’unica alternativa è non farlo.
Per molti, la vita dopo i 70 si riempie di riflessioni profonde. Non c’è più la frenesia di un tempo, e ogni giorno diventa un momento da assaporare, come quelle ultime caramelle nel sacchetto. Si guarda indietro, si ripensano i sacrifici fatti, i successi raggiunti, e spesso ci si chiede: “Quanto mi resta ancora?”. È una domanda che emerge con naturalezza, ma che non porta sempre paura. Anzi, molti anziani sviluppano una serenità particolare, un’accettazione del ciclo naturale della vita. (Non tutti però! Mio marito , per esempio,
pur essendo un 94 enne, in ottima salute, fa progetti come ne avesse altri 50 da vivere ancora davanti, e di altri come lui, ce ne saranno in giro…😂… no?)
Uno degli aspetti che emergono con l’età avanzata è la spiritualità. Non importa che si sia religiosi o meno, in qualche modo la spiritualità prende una forma nuova, più concreta. La consapevolezza della morte diventa parte della vita stessa, ma senza drammi. Per molti, la morte è vista come un semplice passaggio, un momento di quiete simile a un sonno profondo. Quello che resta più difficile da accettare non è tanto la fine, ma la possibilità della sofferenza fisica, un pensiero che spesso preoccupa più della morte stessa.
Ci sono quelli che, fortunati, vivono serenamente fino a età avanzatissime, superando i 90 anni, e in certi casi persino i 100. Questi centenari, con la loro saggezza (quando ce l’hanno!😂) e resilienza… rappresentano un simbolo di forza e longevità. Allo stesso tempo, però, molti anziani si confrontano con la fragilità del corpo che avanza, la perdita di amici e familiari, e la crescente consapevolezza che la vita è un dono prezioso, da vivere fino all’ultimo momento, anche quando le forze cominciano a mancare.
Il grande privilegio dell’invecchiare è poter vedere crescere i propri figli e, per chi è ancora più fortunato, i figli dei propri figli. C’è una gioia immensa nell’assistere alla crescita dei propri progeni, nel vederli affrontare la vita con energia e determinazione. È un dono per il quale possiamo essere profondamente grati. Tuttavia, il dolore più grande, per molti anziani, è sapere che forse non si riuscirà a vedere quei nipoti amatissimi entrare all’università, sposarsi o diventare genitori a loro volta. Questa consapevolezza porta con sé un senso di rammarico, ed è anche per questo che bisogna avere anche una grande gratitudine per aver potuto vivere abbastanza a lungo da vedere la nostra stirpe crescere.
In fin dei conti, ciò che sembra emergere è che non importa quanto tempo ci resti, ma come scegliamo di vivere ciò che abbiamo davanti. Anche se quel sacchetto di caramelle è quasi vuoto, ogni pezzo rimasto è una piccola gioia da assaporare. Che siano dieci, quindici, o pochi anni ancora, l’importante è vivere quei giorni con leggerezza e, soprattutto, senza rimpianti. Gli ultimi anni di vita possono diventare, per molti, una delle fasi più serene, una riconciliazione con il passato e un abbraccio alla vita nel suo stato più puro.
Praticare quotidianamente la “gratitudine” è la chiave per rendere questi anni forse i più belli di tutti. Se ci fermiamo a praticarla per ogni cosa, grande o piccola che sia, scopriamo che questa fase della vita può essere vissuta intensamente, con una gioia che supera tutte le altre fasi. Anche se il tempo si accorcia, la profondità dell’esperienza cresce. Vivere con gratitudine trasforma gli ultimi anni in un vero dono, forse il più grande.” * S.S.C.*