MANA E PINO CONVINCONO UGO AD ANDARE DALLO PSICANALISTA
L’ozio, il suo stesso desiderio iconoreale e la sua sfrenata passione verso una carnalità talvolta eccessiva fanno sì che Mana e Pino convincano, con l’aiuto minaccioso di Aloe, Ugo a farsi visitare da uno psicologo… Continua a leggere
Si trasferiscono in tre, lasciando Aloe a casa, con il cascoben, sopra la boscaglia di Capolona (località rinomata per studiare quello che c’è dentro i capi). Lì si era infatti ritirato, con una briciaitonoma, un noto dottore psicoanalista, un certo Dott. Gonfaloni, che a sentir i problemi della gente s’era già rotto… le scatole, in una lussuosa villa sospesa al terzo piano e un quarto, altezza considerata di pregio.
Mana: “Vai Ugo, che noi due ti aspettiamo fuori con il cascobencar!”
Dopo un’oretta esce Ugo, rilassato; agli occhi di Mana sembrava essere soddisfatto, e inoltre appariva disteso più del solito, come se avesse risolto quel suo problema…
Pino e Mana, insieme: “Come è andata?”
Ugo: “Bene!”
Pino: “Che ha detto?”
Ugo: “Detto?… Niente! Non ha fatto altro che rincorrere per tutte le stanze la sua briciautonoma, poi è riuscito ad afferrarla e si sono chiusi in uno sgabuzzino per 20 minuti. Dopo è ricomparso, rosso in viso, come se avesse defecato un mega stronzo, ma era soddisfatto… infine mi ha fatto parlare dei miei problemi e di quelli similari della mia icona reale, e ha concluso la visita dicendo… SIAMO NORMALI!”
A quel punto, Mana guardò negli occhi Pino e disse: “Caro, bisognerà che tu ti faccia vedere!”
Pino si giustifica, ma alla fine viene mandato anche lui da uno psicanalista.
Tornati a casa, Mana, dopo la visita di Ugo e il responso del Dott. Gonfaloni, interroga notte tempo il suo uomo.
Mana: “Senti Pino, non ti posso vedere così amorfo, molto probabilmente Ugo è proprio normale e tu sei forse da curare, eppure ti ricordi quando durante la spedizione spaziale su Europa (satellite ghiacciato di Giove) tu e poi Ugo mi metteste incinta, non provavi una certa eccitazione?”
Pino: “Sì, un senso liberatorio l’ho percepito, ma fu uno stato di necessità!”
Mana: “Uno stato di necessità? Ma non sono mica un cesso io!?”
Pino: “No, no, che hai capito, ho provato un po’ di gusto…”
Mana: “Senti, meglio che tu dorma, se no mi fai incavolare e si litiga di brutto!”
SPIEGHIAMO: Durante la spedizione verso Europa e ritorno (era la seconda, dopo l’insuccesso della prima la cui astronave non era fornita di pattini ed era schizzata via per la tangente in galassie lontane), dicevamo che in questa seconda spedizione erano stati forniti 200 sacchetti per l’urina e 150 per i fecalomi.
Venendo a mancare i primi, in assenza di gravità, ai tre astronauti capitava di respirare bolle vaganti di liquidi vescicali.
Pertanto, si era reso necessario trovare cavità al fine di non contaminare di più la navicella del ritorno.
I due uomini non avevano trovato di meglio che congiungersi entrambi in Mana, ma una perturbazione di meteoriti gommose aveva fatto sobbalzare la navicella, stimolando involontariamente entrambi gli astronauti.
Il mattino seguente Mana porta Pino da una dottoressa briciautonoma psicoterapeuta, la Dott.ssa Curatela.
ORA TOCCA A PINO, L’ANALISI
Pino, Ugo, Mana e pure Aloe chiamano un cascoben taxi e si fanno portare sopra quasi la foresta del Pionta. Pino sale, cioè entra al terzo piano sospeso dello studio della Dott.ssa Curatela, una porta d’ingresso con quattro chiavistelli che si richiusero immediatamente e automaticamente al passaggio di Pino.
Dopo, una sala d’aspetto con profumi d’incenso e altri fumi afrodisiaci, non c’erano sedie, solo un tappeto molle che sembrava un materasso, le pareti erano specchi che riflettevano l’immagine del paziente miliardi di volte fino all’infinito, tanto che Pino non trovava l’ingresso del vero studio per l’analisi.Continua a leggere
All’improvviso un velo nero lo avvolse e si sentì spinto, avendo gli occhi coperti, verso un soffice lettino.
Quando il velo nero venne tolto dal suo viso, si ritrovò disteso in un letto rotondo con un baldacchino tipo tetto di gazebo.
Dott.ssa Curatela: “Si spogli!”
Pino: “Come?! Mi devo spogliare?!”
Dott.ssa: “Sì, tutto nudo! Non è lei che tromba poco?!”
Pino: “Sì… ma…!”
Dott.ssa: “Non mi faccia perdere tempo, nudo la voglio!”
Pino: “Sì, sì, non si arrabbi!”
E Pino si spogliò del tutto, restando sul letto disteso.
La Curatela portava un camice rosso fuoco abbottonato sul davanti e, accostandosi al letto con movenze provocanti, si apriva bottone dopo bottone e con una voce suadente disse: “Mi parli di lei, della sua infanzia.”
Intanto si era denudata anche lei e si sdraiò accanto a Pino, sfiorandolo con un capezzolo del seno, prima sulla guancia poi portandolo verso le labbra del titubante uomo…
Pino: “Non conosco la donna che mi ha procreato e neanche il mi’ babbo; sono stato forse prelevato dal Monte di Pietà della conservatoria dei semi poveri, poi sono stato allevato in un collegio…”
Intanto la Dottoressa, con movenze rotatorie di lingua, incitava Pino a imitarla con il capezzolo che ormai era scomparso con la sua duttilità nella bocca di Pino, mentre lui parlava… “bla, bla, bla…”
Intanto, nel cascoben taxi, Ugo, dopo che furono passate due ore, disse: “Per me, a quest’ora, o tromba o è morto.
Mana, è meglio che tu vada a vedere!”
Aloe: “Voi uomini siete traditori e porci, non aspettate altro che…!”
Mana, insospettita, entrò anche lei nello studio, anche lei avvolta in un velo nero e si ritrovò nell’ambulatorio un po’ squallido, con un lettino da spiaggia e una scrivania tipo cattedra del 2000 e una lampada a luce bianca fredda.
La Dottoressa Curatela aveva un camice bianco e i capelli raccolti a crocchia, e il povero Pino dormiva ancora vestito sul lettino e mimava il mangiare dei pesci rossi.
“Quest’uomo ha sofferto molto durante la sua infanzia, ha bisogno di un affetto materno, ma non è malato.
Anzi, le sue funzioni sono vitali e soddisfacenti, quindi se lei è la compagna si comporti come le ho detto, da madre!”
E così sentenziò la Dott.ssa Curatela.
I quattro tornarono a casa e, rimasti soli in terrazza, Pino a Ugo disse: “Ugo, te dico che quei fumi avrebbero svegliato anche un morto; poi la dottoressa mi ha cavalcato nuda per un’ora, mi faceva parlare e diceva ‘bravo, bravo, dai’.
È stata una cosa incredibile!”
Ugo: “Ma se Mana ha detto che era racchia con la crocchia…!”
Pino: “I fumi afrodisiaci han drogato Mana, ma poi, se fosse stata realmente racchia, io la vedevo attraente ed eccitante come nessuna donna mi ha dato questa sensazione!”
Ugo: “Sta’ a vede’ che avrò bisogno di una nuova visita anche io!”
E SE TUTTA LA FAMIGLIA MARSILI VA A VEDERE GIOCARE LESTO IL FIGLIO DI MANA!??
Lo stadio è anch’esso sospeso poco sotto l’ippodromo Nuvolari.
La famiglia allargata di Mana, Aloe, Pino e Ugo, insieme a Lin e Cerase, va a vedere giocare Lesto contro la Robore FC.Continua a leggere
Gli arti duttili di Lesto gli permettono, anche se è in difesa, di colpire di testa o di piede nell’area piccola avversaria, senza andare in fuorigioco, tanto sono veloci ad allungarsi.
La partita inizia e, dopo un po’ di torello tra le due squadre per studiarsi, c’è la prima azione di contropiede della Robore FC. Lesto, sbagliando l’intervento, tocca con la mano allungata il pallone calciato dall’ala avversaria e l’arbitro fischia il rigore contro, che viene realizzato tra un frastuono di fischi.
Ugo: “Pino, il tuo figliolo non ci capisce niente, proprio come te!”.
Dopo una decina di minuti, dopo un fraseggio a centrocampo, Lesto riesce a portarsi la palla fino al limite rimanendo fermo, e con un tiro ad effetto insacca il pareggio.
Ugo: “Meno male che qualcosa ha preso da me!”
Pino: “Se sbaglia è figlio mio, se fa bene è merito tuo? Ma che discorso è!?”
Ugo: “Ma lo vedi che si muove come faccio io ed è lento di riflessi come te!”
Pino: “Con te non si può discutere!”
La partita, con alti e bassi, si protrae fino a 30 minuti dalla fine senza azioni di rilievo. Quando Lesto mette un piede in area, sempre da centrocampo, un difensore avversario gli fa lo sgambetto, ma l’arbitro fa cenno di proseguire.
Interviene Cerase, che ha una voce megafonata: “Arbitro, era rigore! Era rigore! Era rigore!…!!”, e continua con questa tiritera per dieci minuti, fino a quando, con un colpo di magia, il numero 7, compagno di Lesto, insacca alla destra del portiere, infilando l’angolino alto. 2 a 1 per i nostri, e arriva il triplice fischio.
Ritornati a casa, Aloe domanda: “Ma chi ha vinto?”.
Ugo: “Ma dov’eri, Aloe? Eppure c’è qualche donna che di calcio se ne intende… datti all’ippica!”
Aloe: “Certo, e sono diventata un’ottima driver!”
Ugo: “Ma vatti ad affogare!”
Aloe: “Faccio anche i tuffi!”
Ugo: “Vieni a letto, che ti sistemo io!”
Aloe: “Però dimmi, chi ha vinto?!”.
E ORA PINO SPIEGA A LIN LE PIU BELLE SCULTURE DI MICHELANGELO..
Certo che anche nel 3570 le più grandi opere del Buonarroti si potevano ancora vedere e ammirare.
Pino: “Iniziamo, cara Lin, da quell’opera datata 1490/1492, La Madonna della Scala. Riprende la tecnica donatelliana della rappresentazione ‘stiacciata’; è una tavola marmorea che si trova nella casa della Famiglia Buonarroti a Firenze.Continua a leggere
Per inciso, la famiglia Buonarroti era precedentemente dotata di discrete ricchezze, ma poi andò in rovina, e al padre di Michelangelo fu trovato un posto da Podestà a Caprese, in quel di Arezzo (riscuoteva le tasse).
Tornando all’opera del giovane artista, allora sedicenne, qui si denota un impellente sforzo di mostrare le forme da parte dell’opera stessa e non per mano dell’autore.
Questo conferisce valori espressivi notevoli: lo sguardo distaccato della Madonna, che, mentre dà il latte al proprio bimbo, appare come se compisse un gesto automatico, ma al tempo stesso responsabile e consapevole dell’importanza di ciò che sta facendo. Si ha la sensazione che i corpi, l’abito e le scale stesse siano immersi in un mare calmo, galleggiando, e mettendo in risalto parti dei corpi e le strutture.”
Lin: “Mi è piaciuta, zio!”
Pino: “E ora veniamo al Bacco.
Qui l’espressione e le forme vanno oltre ogni immaginazione ellenistica.
Se consideriamo l’ebbro come colui che è soddisfatto della sua condizione di allontanamento e separazione dalla realtà, in una sorta di soporifera dipartita, il suo corpo, con il ventre prominente in avanti, mostra il calice come un trofeo.
Non curante del fauno dietro di lui, ci dà un senso di sessualità provocante, nel suo equilibrio incerto.
La rotondità delle forme, senza una muscolarità definita, è indice di un bevitore sempre e ancora sano.”
Lin: “Zio, continua, dai!?”
Pino: “Ora prendo il caffè, continuerò più tardi!”