I tre fratelli, di cui due più anziani, scendevano con altri fino al Castro per le continue battaglie contro quelli che stavano di sotto.
Io, il più piccolo, facevo la sentinella al fortino: una casa diroccata situata sulla sponda ovest del torrente, in zona via Rodi.
Il Castro era scoperto fino quasi all’incrocio con via Assab, dove si trovava l’officina Chierici.
Tutti i giorni feriali si combatteva: sassate, fionde e anche botte.
Ma la domenica, quei ragazzi erano ospiti delle nostre madri, che offrivano loro latte e pane abbrustolito, come veri cristiani.
Uno di questi fratelli, insieme a un altro che sapeva menar le mani, ci difesero da un assalto dei senesi al Rastrello, proteggendo noi giovani tifosi in maratona.
Era la fine degli anni ’60: riempirono il pronto soccorso di Siena e fu necessario l’intervento di altri ospedali limitrofi per curare il mucchio di feriti.
Nessun morto, ma io porto ancora sulla mia testa calva un segno di dodici punti, causato da un ombrello o un bastone, non ricordo cosa fosse.
Qualche anno prima, il terzo fratello e il secondo decisero di guadagnare “benino” e andarono all’ingrosso del Beoni in via Margaritone a prendere dei limoni con un carretto, per poi venderli al mercato di piazza Sant’Agostino.
Con la foga del guadagno futuro, affrontarono a tutta velocità la leggera salita verso la piazza, ma l’imprevisto era dietro l’angolo.
Giunti quasi in cima, il prezioso carico si rovesciò, e il più piccolo pronunciò la fatidica frase: “Addio, i miei limoni!”.
Morale della storia: le cose di fretta non si fanno, troppa carne al fuoco si brucia.
Per guadagnare “benino” bisogna sapersi organizzare, come il “Bianco” sa fare ora molto bene!
Un abbraccio!