L’invasione longobarda lasciò vacante per molto tempo la curia vescovile senese. Quando Papa Leone IV tenne un concilio nel 853, vi intervennero il vescovo senese Cansio (o Conzio) e quello aretino, Pietro.
Il vescovo della città del Palio chiedeva che la curia vescovile di Arezzo restituisse molte chiese che erano state fraudolentemente trattenute durante l’occupazione longobarda.
Il povero vescovo Pietro portò documenti insufficienti e i testimoni da lui forniti lo tradirono (preti, vatti a fidare dei preti).
Di conseguenza, le fonti battesimali dovevano tornare a Siena.
Nel 881, l’Imperatore Carlo il Grosso (chiamato così perché era grosso), dando udienza a nuovi testimoni, diede parere favorevole al vescovo Giovanni d’Arezzo, succeduto a Pietro.
Cento anni dopo, nel 998, si riaccendono le diatribe.
Il vescovo Alamperto si procurò un documento dall’imperatore Ottone III, che attestava di nuovo il pacifico possesso delle chiese in questione.
Tuttavia, le controversie si protrassero per molti anni, con l’intervento di vari papi e vescovi, fino al 1159, quando fu nominato pontefice Alessandro III, dei Rondinelli di Siena.
A nulla valse che molti anni prima, il nostro San Donato avesse portato alla fede e di fatto acquisito le chiese del territorio senese in questione, e per di più fondate da lui stesso.