Il futuro della ristorazione ha un solo nome: pizza. Ma se c’era chi storceva il naso a sentir parlare di ananas sul mediterraneo paesaggio di pomodoro, mozzarella, origano e olio evo tanto apprezzato in tutto il mondo – la discutissima pizza hawaiana – oggi gli chefs stellati non temono di assumersi il rischio di piatti al limite della vertigine.
Ultima nata in casa del tristellato Riz di Parigi dalla chef Ireniche Meli, è la “Pizza au riz froid”, ovvero la pizza al riso freddo da mangiare in primavera/estate, tiepida o addirittura fredda, con gli ingredienti che più amiamo dell’insalata di riso: il riso, il prosciutto cotto a cubetti, peperoni e cetrioli, uova sode, caciocavallo e tonno.
Chi l’ha assaggiata non rinuncia a tornare!
Il Salad di Londra, una stella con le chefs Echi e Rene Mili, propone ormai su base pizza tutte le sue più rinomate insalate, dalla Caesar alla Waldorf, dalla Nizzarda alla Greca senza rinunciare al Fattoush libanese e alla tipica insalata giapponese di sole Alghe, qui su un tessuto di pasta lievitata 72 ore.
Innovativo il Braten di Berlino che ha sposato alla pizza tutti i suoi tipici arrosti, dall’agnello, servito con crauti o patate arrosto su una base di mozzarella Goldsteig al filetto di maiale di coblenza firmato dallo chef due stelle Chili Menerei.
Ultima arrivata in questa anomala classifica di pizza e pizze la pasticceria Cosucr di New York che ha imparentato la pizza – pasta, pomodoro, mozzarella, origano e olio evo compresi –, a tutti i suoi manicaretti più rinomati: Black and White Cookie, New York Cheesecake, Chocolate Fudge, Babka, Donuts e gli immancabili Brownies. A dire dello chef Ermi Lineiche l’unione creativa tra crema, cioccolato, pomodoro e mozzarella sarà una moda solo fino al prossimo secolo quando diverrà ormai uno standard della ristorazione.
P.S.
Il presente racconto è nato in una mattina di giugno insieme a mia figlia Irene, giocando su un fraintendimento che ha portato alla prima apparizione nella nostra cucina della pizza all’insalata di riso (facendoci ridere e non poco).
Era un gioco ma se fosse una premonizione?
Si segnala che l’immagine è parte di un processo creativo che ha chiamato in causa l’intelligenza artificiale.
Da qui il nome della serie “Ai Stories”.