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Fantastica in esercizio: L ‘ o d ‘ o r e d i f r a g o l e f r e s c h e

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Siamo in Agosto…
Ma non c’è Gosto…
Che gusto c’è a raccontare i suoi spaventi?…
“E’ la domanda delle cento pistolleche”, osserva qualcuno.

A cena da Valmitjana, a Tregozzano, Villa Guillichini, gli spaventi ce li ridice Piero Greci
posto lì.
Proprio lì, Gabriel García Márquez ne raccoglie uno, che diventerà famoso.

Lo ripercorro:
“Arrivammo ad Arezzo un po’ prima di mezzogiorno, e impiegammo più di due ore a cercare un castello rinascimentale che lo scrittore venezuelano Miguel Otero Silva aveva comprato in quell’angolo idilliaco della campagna toscana.
Era una domenica all’inizio di agosto, ardente e chiassosa, e non era facile trovare una persona che sapesse qualcosa.

Tornammo all’automobile abbandonando la città lungo un sentiero di cipressi senza indicazioni, e una vecchia pastora  ci indicò con precisione dove si trovava il castello.
Prima di salutarci, domandò se pensavamo di pernottare lì, e le rispondemmo che ci avremmo solo pranzato… “Meno male” lei disse “perché in quel posto c’è da spaventarsi!”.

Miguel Otero Silva, che oltre a essere un buon scrittore era un anfitrione splendido e un mangiatore raffinato, ci aspettava con un pranzo impossibile da dimenticare.
Eravamo in ritardo.
Non si ebbe il tempo di conoscere il castello intero prima di sederci a tavola, ma il suo aspetto da fuori non aveva nulla di spaventoso.
E qualsiasi inquietudine spariva davanti al panorama della città dalla terrazza fiorita in cui stavamo pranzando.
Era difficile credere che in quella collina di case fossero nate tante persone di genio duraturo.

Tuttavia, Miguel Otero Silva ci disse col suo umorismo caraibico che nessuno di quegli innumerevoli era il più insigne di Arezzo.
“Il più grande” sentenziò “è stato Ludovico”.
Così, senza cognome: Ludovico!
Il grande signore delle arti e della guerra, che aveva costruito quel castello della sua sventura, e di cui Miguel ci parlò durante tutto il pranzo.

Ci parlò del suo potere immenso, del suo amore contrastato e della sua morte terribile. Ci raccontò come in un momento di follia avesse pugnalato la sua dama nel letto in cui si erano appena amati, e poi si fosse sguinzagliato contro i suoi feroci cane da guerra che a morsi l’avevano fatto a pezzi.
Ci assicurò che, a partire da mezzanotte, lo spettro di Ludovico si aggirava per la casa.
Il castello, in realtà, era immenso e cupo.
Ma in pieno giorno, con lo stomaco pieno e il cuore allegro, il racconto di Miguel poteva solo sembrare uno scherzo come tanti altri dei suoi per divertire gli invitati.

Le ottantadue stanze che attraversammo dopo la siesta, avevano subito ogni sorta di modifiche da parte dei successivi proprietari.
Miguel aveva restaurato completamente il pianterreno e si era fatto costruire una camera da letto moderna con pavimento di marmo e impianti per la sauna e la ginnastica.
Il secondo piano, che era stato il più usato nel corso dei secoli, era una sequela di stanze priva di carattere.

Ma all’ultimo c’era ancora una stanza intatta dove il tempo si era dimenticato di trascorrere. Era la camera da letto di Ludovico.
Fu un istante magico.
C’erano l’alcova con le tende ricamate a fili d’oro, e il copriletto con prodigi di passamaneria ancora accartocciato dal sangue secco dell’amante sacrificata.
C’erano il camino con le ceneri gelide e l’ultimo ciocco di legno tramutato in pietra, l’armadio con le sue armi ben lustrate, e il ritratto a olio del cavaliere pensoso in una cornice d’oro, dipinto da qualche maestro fiorentino che non aveva avuto la fortuna di sopravvivere al suo tempo. Tuttavia, quel che più mi impressionò fu l’odore di fragole fresche che stagnava senza spiegazione possibile nell’aria della camera da letto…”.

Le giornate dell’estate sono lunghe e parsimoniose in Toscana, e l’orizzonte rimane immobile fino alle nove di sera.
Si poteva credere che tutto fosse falso.
Ed era davvero una cosa meravigliosa, degna di esser vista.

“Bene, ragazzi, come va? ”

L’audacia e la romantica spavalderia di Ludovico sono argomento di innumerevoli poesie. Pare che non dorma mai.
Una dice:
Tu sei come una pietra preziosa
che viene violentemente frantumata
in mille schegge per poter essere
ricostruita in un materiale più duraturo di quello della vita,
cioè il materiale della poesia…
Io oggi ho colto un attimo del tuo fulgore
e tu avresti voluto darmelo tutto.
Ma non è possibile:
Ogni giorno un barbaglio.
E alla fine si avrà l’intera, intatta luminosità.

Fantastica in esercizio: Pablo Neruda ad Arezzo!

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Filippo Nibbi
Filippo Nibbi
Nato a Cortona. Poeta e scrittore della Fantastica arte di inventare il possibile e renderlo reale con il gusto del sogno, delle creatività e del piacere. Ha collaborato con Gianni Rodari. È autore del poema "Parlando di mio nonno Polifemo".

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