Lei, un piede, non l’aveva mai voluto. Quando aveva saputo d’esser nata scarpa se ne era lamentata per giorni nella scatola. Poi era finita al piede di un bambino e questo l’aveva rallegrata. Per un po’. Perché i piedi dei bambini son parecchio capricciosi. Scalpitano. Saltano. Colpiscono. Scalciano. Fanno un po’ come gli pare e questo, a quella scarpa, andava bene.
S’era perfino divertita, per un po’, anche se il bambino era piccino e lei d’essere la scarpa di un piede di un bambino piccino nemmeno lo sapeva. Era piccino e stava tanto, troppo, nel passeggino. S’era anche annoiata, insomma, e non se lo teneva per sé.
L’altra scarpa, ben più diligente, ben più scrupolosa, ben più rispettosa, non ne poteva più d’ascoltare le sue lamentele.
– Quanto saremo state oggi nel passeggino… dieci ore??? E poi subito scalzo e noi a far la muffa in corridoio!
– Non va mai sulle pozzanghere??? Guarda ce n’è un’altra e lui… che fa? La schiva!!! La schiva??? Ma no, dai, perché???
– Ma lo vuoi dare un calcio a quel pallone? Un calcio vero! Un calcio forte! Lasciare stare le mani, usa i piedi!!! No, non le mani…
E via così, giorno dopo giorno.
Quel giorno che fu la svolta della scarpa – delle scarpe – avvenne tutto un po’ per caso. Il bimbo era sul passeggino e lei cercava di tirare su e giù il suo piede. Su e giù, a destra e a sinistra, avanti e indietro. Cercava il moto. Cercava il balzo ma quando capitò vicino all’altro piede l’altra scarpa, quella scrupolosa, quella diligente, quella rispettosa, con la puntina… zac, un colpetto sul suo calcagno… zac… e lei non c’era più. Quella lamentosa. Quella curiosa. Quella dispettosa. Finita sulla strada.
Se ne pentì subito la scarpa diligente. Un colpo di testa. Un colpo di piede. Aveva colto il momento. Ed ora era sola. Chissà come sarebbe finita. Chissà dove. Che peccato.
Lei, invece, fece un respiro. Non ci credeva. Si guardò intorno. E siccome aveva una gran voglia di vita saltò su un paletto e si fermò – finalmente si fermò – per guardare il mondo.





