Una coppia gay di Arezzo si trova bloccata in California dopo la nascita del loro figlio attraverso maternità surrogata. Il problema? Il recente inasprimento della normativa italiana, che ha reso la pratica un “reato universale”, perseguibile anche se commesso all’estero. Se i due tornassero in Italia, rischierebbero fino a due anni di carcere e una multa di 600 mila euro.
Il caso, che potrebbe diventare un precedente giuridico, è seguito dall’avvocato fiorentino di origine aretina Gianni Baldini, noto per le sue battaglie in difesa dei diritti civili.
I due professionisti, tra i 30 e i 40 anni, hanno scelto la California, uno degli stati più progressisti degli USA, per realizzare il loro sogno di paternità. La gravidanza è stata portata avanti da una donna che ha accettato di essere madre surrogata, utilizzando il seme donato da uno dei due uomini.
Quando la fecondazione è avvenuta nove mesi fa, la pratica era già vietata in Italia ma non ancora considerata reato. Tuttavia, con la nuova legge entrata in vigore a ottobre, la loro situazione è cambiata radicalmente: al momento della nascita del bambino, la coppia si è ritrovata esposta alle conseguenze penali della normativa.
Ora si trovano davanti a un dilemma legale e personale: tornare in Italia accettando il rischio di un processo oppure cercare soluzioni alternative? Una possibilità sarebbe dichiarare il neonato come figlio del solo padre biologico, lasciando però il partner senza alcun diritto sul bambino. L’altra opzione, più rischiosa, sarebbe l’autodenuncia, che porterebbe inevitabilmente a un procedimento giudiziario.
In questo caso, l’avvocato Baldini si dice pronto a sollevare una questione di incostituzionalità, aprendo la strada a un possibile intervento della Consulta. Il caso potrebbe diventare un banco di prova per la nuova legge e riaccendere il dibattito sui diritti delle famiglie omogenitoriali in Italia.