Iniziò da Shakespeare. E fu abbastanza semplice. Chi legge più Shakespeare? Cercò Shakespeare nella libreria. Trovò “Amleto” e “Giulietta e Romeo”. Non leggeva più quella roba dalle scuole superiori. Buttò una tragedia al giorno, come gli aveva consigliato il dottore, e si sentì meglio.
“Si liberi dal tragico” gli aveva detto. L’aveva fatto.
La letteratura del XIX secolo gli svuotò l’intestino e una buona metà della sua libreria. Erano tutti libri e ricordi di sua madre e gli dispiaceva ma insomma: lo faceva per la salute. E con la salute non si scherza e non si tentenna.
Con la letteratura del XX secolo fece più fatica. “Siddhartha” di Herman Hesse, ad esempio, gli aveva proprio cambiato la vita. Anzi: avrebbe voluto rileggerlo e lo tenne sul comodino per qualche giorno. Il dottore fu categorico: “La bile non migliorerà!”. Lo buttò.
Passò alla musica quando iniziarono a cadergli i capelli. Aveva una corposa discoteca. Pochi cd, per carità. Era un uomo del vecchio millennio. Gli piaceva mettere su un disco, stappare una bottiglia di vino e bersi qualche bicchiere seduto in poltrona col sottofondo di Mozart o di Chet Baker.
Ci mise tre mesi ma fu risolutivo. DottorAI si congratulò: “Per Natale tornerà a pettinarsi”. Del suo medico in carne ed ossa non sapeva più nulla: anche lui, un po’ come tutti, s’era ammalato.
Per quel sibilo che aveva nei polmoni smise di andare a teatro. Era un ambiente che già frequentava poco. Non aveva ancora capito se doveva mettere la cravatta e ne aveva una sola nell’armadio. Figurarsi! Poi non la metteva e nessuno se ne lamentava ma questo non se lo ricordava mai. Andava a teatro giusto se c’era un nome, una star, qualcuno che voleva vedere, per rendersi conto. E poi s’addormentava tra il 20mo e il 50mo minuto. Sempre così, la solita storia. Che poi, con quel polmone che fischiava, poteva essere un problema.
“Dorma sul suo divano e starà meglio!” gli consigliò l’intelligenza artificiale. Così fece e non fischiò più se non per qualcosa che ne valeva la pena e non faceva danno.
Con il cinema il medico fu più disponibile. “Che facciamo: vogliamo eliminare tutto? Qualche film lo può guardare ma senza esagerare. E soprattutto: cinema commerciale. Film senza pensieri. Sono i pensieri che generano tossine. Se lo ricordi. Più pensa più s’ammala. Se vuole posso citarle alcuni importanti operatori medici del passato che si sono espressi su questo argomento”. No, grazie.
Cominciò a passeggiare, per non pensare. O per pensare “pensieri verdi” come dicevano in televisione. “Pensieri leggeri”: la macchina da lavare, la spesa da fare, la pasta da cucinare. Pensieri veloci, senza passato e con poco futuro.
Di futuro suo, invece, ne vide molto. Precauzioni ne aveva prese a sufficienza. Purtroppo senza sapere più nulla di sé, della sua storia, della sua famiglia, della sua città, di chi gli stava intorno. Chi gli stava intorno?
Leggeva a fatica, scriveva il meno possibile. Dimenticava facilmente e si dimenticò.
Visse in salute ma per i giorni che perse non ci fu nulla da fare: l’assenza che gli era entrata dentro non si fece scacciare.