Lorenzo… e Girolamo, Maria, Francesco, Matteo Savonarola.
Non è che io ce l’abbia con i Medici, non quelli delle cure, ma quelli che, con l’appoggio delle Curie e il potere del denaro, hanno sottratto ad Arezzo la sua storia, oltre alla Chimera e alla Minerva, tutto per innalzare la loro gloria.
Prima Cosimo il Vecchio, poi Lorenzo il Magnifico: da commercianti di tessuti e agricoltori, grazie al sostegno di una Chiesa corrotta e collusa, i Medici si trasformarono in banchieri papali, diventando di fatto signori di Firenze. Lorenzo, pur senza mai essere gonfaloniere, deteneva il potere come un vero signore della città, anticipando di cinquant’anni la proclamazione ufficiale della Signoria, assunta da Cosimo I.
Sì, Lorenzo fu filosofo, scrittore e mecenate, un uomo degno del Rinascimento fiorentino. Questo serviva a conquistare la fiducia delle grandi famiglie europee e italiane, una sorta di “paravento” o “televisione dell’epoca”, che garantiva una notorietà positiva per celare le sue azioni di corruzione politica ed ecclesiastica e gettare nebbia negli occhi del popolo.
La sua morte, causata da un’ulcera al piede attribuibile non alla gotta ma all’artrite reumatoide (malattia che colpì diversi eredi maschi della famiglia), segnò l’inizio del periodo di Girolamo Savonarola. Nato a Ferrara e allievo di Tommaso d’Aquino, Savonarola fu priore di San Marco a Firenze e frate domenicano.
Un “profeta” per alcuni, esaltatore di un’antropologia realistica, ma per me, un abile imbonitore che seppe attrarre le classi meno abbienti e una nobiltà decadente. I Medici, invece, si garantivano l’appoggio della borghesia, della Chiesa e delle famiglie nobili impegnate finanziariamente con il loro banco.
Savonarola predicava la “renovatio”, una redenzione che riconduceva l’uomo al divino e lo integrava nella vita reale. Ma il suo messaggio non si limitava a questo: Firenze stessa veniva presentata come designata da Dio per la redenzione e per combattere la corruzione e i costumi depravati che avevano reso la città pericolosa e priva di rispetto per la vita.
Bruciava libri e opere artistiche, predicava umiltà e redenzione. Tuttavia, la scomunica inflittagli da Alessandro VI nel 1497 e la sua condanna a morte per impiccagione e rogo l’anno seguente posero fine alla sua ribellione contro il potere economico e finanziario dei Medici. La sua caduta spianò definitivamente la strada all’ascesa di questa famiglia alla Signoria.