Dal ritrovamento di San Casciano, del bronzetto con la palla in mano, alla tavola della FEC, tutto appare chiaro ed evidente. Il gioco si svolgeva con un massimo di 4 giocatori per parte, senza porte ma con paletti o sassi posti a una distanza di 80 centimetri l’uno dall’altro su ciascun lato. A volte, questi paletti o sassi non erano disposti parallelamente, ma su linee perpendicolari o intersecanti.
La palla, di dimensioni molto piccole, era realizzata con pelli essiccate e cucite di lepri, riempite con budelli di capra gonfiati a fiato. Questo materiale non consentiva palleggi e causava spesso scontri tra i giocatori, con calci sugli stinchi. Fortunatamente, dato che si giocava scalzi, non si verificavano danni gravi.
Il campo misurava circa 2 meida iku, corrispondenti a circa 15 metri. Prima di iniziare, venivano rimossi i sassi più appuntiti utilizzando ramaglie come scope improvvisate. Le partite non avevano tempi prestabiliti: potevano durare tre o quattro ore consecutive, talvolta dall’alba al tramonto.
Non vi erano arbitri e spesso scoppiavano discussioni, talvolta culminate in vere e proprie risse. In alcuni campi erano presenti anche alberi, e le squadre venivano formate all’inizio della partita con una sorta di conta. Due esponenti sceglievano a turno i compagni di squadra.
Nel 1954, giocavamo in modo simile tra l’Eden e il raccordo non asfaltato che univa viale Michelangelo a via Crispi, utilizzando palloni fatti con camere d’aria gonfiate con la pompa della bicicletta!
Rif. FEC (Federazione Etrusca Calcio)