Come le vecchie fiere aretine
In concomitanza con la Fiera del Mestolo, con qualche giorno di differenza, in via Porta Buia si svolgevano le “Fiere Aretine”. Queste occupavano gli edifici dell’ex convento e i cortili e piazzali adiacenti. Per accedere si pagava un biglietto all’ingresso, sotto quella tettoia in stile anni ’50, che ancora oggi si può vedere. Era il dopoguerra, un periodo in cui l’industria aretina cominciava a rinascere, trainando interi settori come l’agroalimentare e l’edilizia.
All’interno delle scuole dell’ex convento, si potevano ammirare i primi macchinari della Gori & Zucchi; la grande gabbia del Grilli spiccava all’ingresso. Seguivano trattori, ruspe, gru, betoniere, trebbiatrici della Safcem, i primi abiti della Lebole, e i mangimi “Raggio di Sole” della Gaslini, pubblicizzati con un curioso maiale di gomma gonfiabile. Oltre a questi, si esponevano prodotti fitosanitari e i famosi pulcini colorati, che attiravano sempre molta attenzione.
Per me, erano giorni speciali in cui mi sentivo importante: distribuivo volantini pubblicitari davanti allo stand. Da vecchie foto di famiglia emerge che una mostra agricola si svolgeva anche in Piazza del Popolo, un luogo che oggi non esiste più. Non voglio dilungarmi, ma quelle fiere furono progressivamente soppiantate da eventi più grandi a Verona, Milano, Bologna e Bari. Un destino simile, temo, toccherà anche alla “Città del Natale”, rimpiazzata da città più accessibili, come Lucca, che non sorge su un declivio.