In molte frazioni e paesi delle Alpi, accanto o intorno alle chiese, si trovano bellissimi cimiteri, tenuti in ottime condizioni. Ci sono persone che si prendono ancora cura delle tombe risalenti al Seicento, di cui rimangono solo le croci di ferro battuto.
Li ho visitati anch’io durante le mie frequenti visite invernali, alla Valle, in quota, durante la messa di Santo Stefano, celebrata in ladino, una lingua che è un misto di francese e latino, tipica degli incroci tra razze galliche, celtiche e romaniche. Durante le spedizioni delle legioni romane, infatti, in quelle valli e montagne si nascondevano i disertori degli eserciti, che poi formarono le loro comunità.
Entrai in chiesa, affollatissima per la festa del patrono, con fedeli arrivati da tutta la vallata. Mi sistemai in fondo, vicino alla porta, da dove potevo vedere il pannello che indicava i canti; era una messa cantata, per di più in dialetto ladino. Un tizio vestito con i famosi pantaloni corti tirolesi si avvicinò e cominciò a osservarmi, senza darmi fastidio. Indossava scarponi chiodati che emettevano rumori metallici a contatto con il pavimento di cotto. I suoi occhi erano incavati in occhiaie profonde, e i capelli bianchi a spazzola erano tipici degli anni ’60. Era magrissimo, tanto che in quella tipica pettorina ci sarebbe potuto stare tre volte.
Finita la messa, non lo vidi più.
Qualche anno dopo, a San Leonardo, sempre in Alta Badia, mi trovavo presso la loggia all’aperto per fumatori dell’hotel Il Cavallino Rosso, di proprietà di un ex meccanico Ferrari. Ero seduto, degustando un grappino ai frutti di bosco, quando accanto a me si sedette un tipo che assomigliava moltissimo a quello che avevo visto alla Valle. I suoi capelli erano leggermente più lunghi e spuntavano da un cappello tirolese con una penna, come quelli degli alpini. Dopo un attimo di esitazione, gli rivolsi la domanda: “Mi scusi, non ci siamo visti qualche anno fa alla Valle, per Santo Stefano, durante la messa?!”
E lui, in un italiano masticato e lento, confermò e proseguì dicendo: “Anche nella chiesa qui sotto c’è un cimitero caratteristico e io sono uno zombie sciatore; qui ci sono le piste più belle dell’arco alpino!”
“Ma non sei contagioso, come gli zombie dei film?!” domandai, e lui rispose: “No!”
Gli offrii un grappino e, contento, dopo tornò alla sua tomba! Come nei film, apparve una didascalia che scorreva sullo schermo, dando la sensazione di un proseguo… fine!