IL DOTTOR PURGONE E LYN CHE GLI GIRA IL CAPO
Cerase: “Che hai Lyn? Ti vedo stanca e pallida!”
Lyn: “Mi vergogno… devo perdere l’olio dei freni!”
Cerase: “L’olio dei freni!? Ma tu non sei una briciautonoma… Ora, alla prima fermata, si cerca un dottore! Meno male… fermi! Ma siamo in anticipo! Toh, siamo ancora a Firenze!”
Lyn: “Qui c’è un cartello: Dottore Osvaldo Purgone. Suoniamo la campanella!”
Purgone: “Chi è?”
Cerase: “Siamo due citti, e la mi’ sorella gli duole la testa, gli gira, e perde olio… La può visitare?”
Purgone: “Entrate!” Continua a leggere
Il vecchio dottore, con un colbacco nero in testa, occhiali che sembravano due culi di bottiglia, ricurvo e con una leggera scoliosi, non tanto alto, li fa accomodare in un ampio studio oscurato da tende, che non facevano filtrare se non una tenebrosa penombra.
Purgone: “Fammi vedere quest’olio… Ah! Ah! Ah! Ma queste sono mestruazioni! Ragazzina, non sei più ragazzina, sei donna!”
Lyn: “Io voglio rimanere citta!”
Purgone: “È la regola della vita!”
Lyn: “Però i citti ce l’hanno queste perdite d’olio?”
Cerase: “Io alcune volte sono andato sciolto!”
Lyn: “Quella è morchia!”
Purgone: “Ora vi spiego tutto… bla, bla, bla.”
Cerase: “Ma quante cose sai, dottore!”
Lyn: “C’è poco da ridere! Mi sono imbrattata tutta e vorrei sapere perché a me dovrebbe crescere la pancia per nove mesi, mentre la mia mamma e tutte quelle che conosco dei nostri tempi hanno una stampante 3D a espansione inserita!”
Purgone: “Questo non lo so… ma ho studiato tante cose strane, come quella di Lorenzo dei Medici, il Magnifico. Tutti dicevano che era morto per gotta, di cui la famiglia soffriva geneticamente, ma lui aveva una disfunzione ipofisaria che secerneva in abbondanza l’ormone della crescita, tanto che usava, negli ultimi tempi, una maschera e camminava male!”
Cerase: “Anche a noi si allungano molte cose, siamo duttili. Che malattia è?”
Purgone: “Acromegalia… o osteoartrosi ipertrofica. Ma dove siete!?”
LA PULEGGIA E LA MANOVELLA
Ugo: “Mi è venuta un’idea per girare la manovella e far tornare i ragazzi al tempo nostro!”
Ruth: “Sì, ora inventane un’altra delle tue! Su, come faresti?”
Ugo: “Saldo una puleggia al mozzo della manovella e ci metto un nastro, tipo la messa in moto di quelle motoseghe che hanno al museo sospeso al terzo piano!”
Ruth: “Potrebbe andare!”
Ugo: “Aloe, metti una zeppa che la tieni ferma!”
Aloe: “Sii!”
Suonano al campanello: è Mana che torna dal consiglio europeo.
Aloe: “Ti do una mano, Mana, per le valigie?”
Ugo: “La zeppaaaaa! Maremma… ora son tornati indietro!” Continua a leggere
Cerase: “Vieni a vedere, Lyn, che paesaggio!”
Lyn: “Bello, ma dove siamo? Scusi signore, che posto è questo?”
Il signore, vestito con un abito porpora e un cappello porpora, con un naso a grondaia rovesciata, era intento a rimirare le montagne.
Signore: “Siamo a Poppi, dal Guidi di Poppi… ma non quelli di Porrena, né quelli di Dovadola di Forlì.”
Lyn: “Scusi, e che fa, intento a rimirar le montagne?”
Signore: “Troppo curiosa! Se scrivo un poema ti metto all’inferno con i lussuriosi!”
Lyn: “Ohh! Che c’ho fatto di male? Ho solo domandato! Se vuoi rispondere, dimmelo. Se non vuoi, vaffa…!”
Signore: “E per di più, sbattuta da una tremenda tempesta, una tromba d’aria infernale!”
Cerase: “Deve essere Dante, che scruta la foresta casentinese per dare inizio alla Divina Commedia!”
Signore: “Sì, sì… Dante, il sommo!”
Lyn: “Ho capito… io sono diventata donna quasi 250 anni dopo. Ecco perché Beatrice non te la dà mai!”
Dante: “Scusami, non volevo fare nessuna minaccia… ma con il mio fisico c’è l’ho con il mondo intero, li voglio mettere tutti all’inferno!”
Cerase: “Oh sommo, ti serve una guida per mettere un po’ di pace nel tuo animo e nella tua mente! Ho conosciuto Virgi, al tempo di Mecenate d’Arezzo, e lui fa al caso tuo.”
Dante: “Arezzo? Sì, sì, sono stati sconfitti 5 giorni fa a Campaldino… botoli ringhiosi!”
Cerase: “Guarda, o sommo, che l’Arno ce lo han mandato a Firenze gli aretini etruschi!”
Dante: “Sai tante cose… ti inviterò al banchetto della conoscenza del Convivio!”
Lyn: “Meno male, si mangia un’altra volta!”
Dante: “Non è un vero pranzo… Oh, ma siete spariti? Dovrò fare un’opera incompiuta!”
L’ELASTICO, LA MANOVELLA E IL VASARI
Ugo: “Accidenti a te, Aloe! Dammi l’elastico delle tue mutande, che si cerca di riprendere la posizione e i tempi di prima!”
Aloe: “Ma dopo rimango senza, mi cadono!”
Ugo: “Ma quante volte ti avrò vista nuda! Però quella cozzina mi attira sempre!”
Ruth: “Sei il solito, cerca di ritirare su i ragazzi!”
Cerase: “C’è un matrimonio, vieni Lyn, dopo si va al pranzo, mischiandosi agli invitati!”
Lyn: “Ma sono pochi, è una cerimonia riservata?!”
Escono gli sposi e subito il marito sale in un carro veloce, lasciando una bambina stretta alla mano della mamma e una donna incinta, e un signore con sguardo burbero e serio. Tanto che il grido di “W gli sposi” rimase strozzato in gola a Lyn… Continua a leggere
Cerase: “Ci dà un passaggio? Vogliamo andare in città!”
Lo sposo: “Sì, su, montate! Ma tu bambina, quanti anni hai?”
Lyn: “13, ma ne dimostro 13,5!”
(Lyn, a bassa voce verso Cerase): “Sta a vedere che è un pedofilo?”
Cerase: “No, no! È Giorgio il Vasari che fu costretto a sposare Nicolosa, in quanto aveva messo incinta la sua sorella più grande. Francesco Bacci lo convocò in un suo laboratorio di tessuti, e minacciandolo con un passante dei telai lo obbligò ad accettare questo matrimonio!”
Giorgio: “Sì, sono proprio io! Ma a me piacciono le donne, e la mia cognata è stupenda a letto!”
Lyn (che Cerase aveva fatto accomodare distante dal Vasari): “E quella bambina ora che fa?”
Giorgio: “La lascio lì, in casa del suo babbo, Francesco Bacci, a maturare!”
Lyn: “È un’ingiustizia nei confronti di una minorenne!”
Giorgio: “Ai tempi nostri si usa sposare le bimbe!”
Lyn: “Porci, peggio di alcuni musulmani!”
Cerase: “Lascia stare, Lyn, non ti arrabbiare. Tanto pochi lo sanno, e poi al tempo del nonno avo, potrebbe essere il centenario!”
Giorgio: “Calmi, calmi! Almeno io vi ho lasciato le logge, i miei scritti, alcune opere e sono vissuto ad Arezzo per diverso tempo. Invece quel Petrarca, duecento anni prima di me, figliolo di quegli zingari di Incisa, non desiderati in Firenze, cosa vi ha dato? Non sapete neanche dove di preciso è nato. Siamo quasi arrivati ad Arezzo, ora andate a piedi, irriverenti!”
Cerase: “Che caratterino, come il Mori, quando andarono a Lecco a vedere l’Arezzo. Che si arrabbiava, e il nonno avo diceva che come architetto il Palladio era più forte!”
Lyn: “Meno male che c’eri tu, se no questo forse mi avrebbe fatto un salto addosso. Hai visto come mi guardava?”
Cerase: “C’è un ragazzino che guarda quell’olmo, sembra che ci parli… Sentiamo… Chi sei, citto, perché scruti quest’albero?”
Il citto: “Sono Cesalpino e osservo questa pianta!”
Lyn: “È quello delle scuole medie del nonno avo, quando si riscaldavano con le stufe di coccio Necchi a tre scomparti con i tronchetti!”
Cesalpino: “Ah?! Mi hanno intestato una scuola, vuol dire che scoprirò la funzione delle piante e la loro circolazione interna. Mi piacerebbe insegnare a Pisa!”
Cerase: “E così è accaduto, l’ho letto da qualche casco!”
Cesalpino: “Il mio nome è Andrea, venite che vi ospito. Sto nel Corso Italia e la mia mamma ha preparato una bella panzanella con quei pomodori indiani, che rinfresca!”
Cerase: “È quello che desideravo, una bontà!”
Ma appena fatti i primi scalini, Andrea si ritrovò solo.