Sì, Pietro Aretino aveva raggiunto una certa fama per le sue opere canzonatorie e burlesche, tipiche della vita e dello spirito della città che lo aveva cresciuto. Ben presto entrò, dopo essersi trasferito da Perugia a Roma, nell’ambiente cortigiano che faceva riferimento a Papa Leone X. Divenne amico di molti letterati e confidente di diplomatici. Riusciva a condurre una vita agiata e brillante commerciando e commissionando quadri per altri, oltre a commercializzare anticaglie e organizzare eventi, spettacoli e burle (una delle sue specialità!).
Pertanto, si inserì nella cultura del tempo con il suo spirito sagace e critico della realtà.
La morte di Leone X offrì a Pietro l’occasione di impegnarsi in un ambito forse troppo importante e pericoloso per lui: partecipò alle “Pasquinate”.
Le pasquinate erano manifestazioni di critica satirica, con l’affissione di cartelli sulle statue della Roma papale.
In quel momento, Pietro era visto come il portavoce del nuovo, del rinnovamento, riflettendo il malcontento pubblico per la condotta del conclave durante l’elezione del nuovo Papa. Tuttavia, questo ruolo lo costrinse ad allontanarsi da Roma durante il papato di Adriano VI, anche se vi fece ritorno con l’ascesa al potere di Clemente VII.
La sua opera segnò l’importanza dell’opinione pubblica, anche se espressa attraverso versi satirici e critiche ironiche. Tuttavia, ciò gli procurò molti nemici a Roma, tanto che nel 1525 subì un attentato: fu pugnalato, ma riuscì a sopravvivere.
Abbandonato dallo stesso Clemente VII, che non ordinò alcuna indagine sull’attentato, Pietro decise di lasciare Roma per sempre.
Due anni dopo, nel 1527, si verificò ciò che le sue pasquinate avevano preannunciato: se non fossero state fatte scelte politiche adeguate, sarebbe avvenuto il “Sacco di Roma”. Fu la partecipazione del Papa alla Lega di Cognac a determinare la devastazione di Roma da parte delle truppe dei Lanzichenecchi (14.000 uomini) e dei soldati spagnoli (6.000 uomini), arruolati da Carlo V d’Asburgo e non pagati.
Questi si rivalsero su Roma e sul Papa, causando la morte di 2.000 cittadini.