Prima che si trasferissero a Roma
Non era ancora giunto il tempo della riunificazione, e tra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana imperversava un vero e proprio esercito, guidato dal famigerato Passator Cortese, al secolo Stefano Pelloni.
“Esercito?”, potreste chiedervi.
Certo, solo un esercito avrebbe potuto, nel 1851, rapinare un’intera cittadina come Forlimpopoli.
Pelloni e i suoi uomini chiusero e sbarrarono le porte, occuparono l’intera città, e presero in ostaggio tutti gli spettatori presenti al teatro.
Trattenendo le mogli come garanzia, mandarono gli uomini a casa uno per uno per recuperare denaro e gioielli.
Dopo aver riempito le casse della banda, si rifugiarono nei passi appenninici a lui cari: Verghereto, La Consuma, La Calla, e quello stesso Passo del Passatore da cui Stefano Pelloni prese il soprannome, poiché suo padre era traghettatore sul fiume Lanone.
Dopo la conquista di Forlimpopoli, avvenuta a gennaio, passarono solo due mesi prima che il Passatore venisse ucciso a Russi, il 23 marzo 1851.
Il suo corpo, ora sepolto nei cimiteri sconsacrati della Certosa di Bologna, fu esposto nelle città della Romagna per tranquillizzare le popolazioni.
Tuttavia, il suo mito e la leggenda della sua cortesia sopravvissero, tanto che persino Giovanni Pascoli ne fece menzione, ricordando come il Passatore, secondo alcune testimonianze, desse ai poveri per ottenere rifugio e omertà.
La banda di Pelloni era composta da circa 60 banditi; nei 60 giorni successivi all’assalto di Forlimpopoli, più di 49 di loro furono arrestati, e Pelloni rimase con soli diciotto uomini.
Curiosità finale: anche la celebre Raffaella Carrà era una Pelloni!