Arrivò Tassinari, che giocava come Pirlo, dando i tempi giusti e con le sue lunghe leve rendeva difficile sottrargli il pallone.
Nello stesso anno, in una Serie D di eccellenza, si distinse Lenci con il suo potente tiro. Lenci, dal fisico imponente, poteva calciare da 30 metri piegando le mani a Mattrel dell’Ancona, che poi andò alla Juventus.
Lenci riuscì a sfondare la rete due o tre volte.
Magi, un elegante numero 7, mai sporco, con tocchi di classe e un cross perfetto. E poi c’era il frugolino inarrestabile Scatizzi, sempre con il sorriso, pronto a consigliare i giovani, capace di individuare i talenti.
Una persona davvero speciale.
Prima di loro, c’era la testina rossa di Cati, e in Serie C il “cavallo pazzo” Morelli, capace di risolvere una partita o di guardarla.
E che dire della classe di Meroi, con la sua divisa sempre stirata e impeccabile.
Poi arrivò Flaborea, che quando aveva voglia poteva scardinare qualsiasi difesa. Seguirono l’otto di Johan, Benvenuto, Galuppi e, per poche giornate, il giovane Graziani.
Il pacchetto del Forlì vantava un Ferrari degno del suo nome, con dietro le punizioni di Camozzi.
Benvenuto, con la sua Lancia Delta Zagato metallizzata, potente quanto lui, un bronzo di Riace.
Con un colpo di testa dal limite riuscì a bucare anche il Cagliari. Galuppi, come suggeriva il nome, era un fulmine in corsa sulle fasce. Di Ciccio, già a 18 anni, si vedevano la volontà e le capacità. Prima con Ballacci, poi con quattro gol in prima squadra, volò a Torino.