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mercoledì, Aprile 2, 2025
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Una settimana in paradiso

il gossip di Cesare Fracassi
Un viaggio unico in un villaggio remoto lungo il fiume Ehie, Abia State, Nigeria, mi ha immerso in una comunità accogliente, tra foreste lussureggianti e tradizioni antiche.
Un'esperienza di semplicità e scoperta che mi ha regalato una settimana indimenticabile

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Lasciato in un villaggio di 300 anime lungo il fiume Ehie, in Abia State ad una ventina di km da Umahia capitale dell’omonimo stato della Nigeria, dopo un tracciato da strada bianca in mezzo a foreste e colline, che mi ricordavano la nostra Toscana, dopo una fumata da un calumet, offertami dal re del villaggio nella festa per il mio arrivo, portavo vino Chianti, cibarie, e abiti usati e scarpe, ed essermi risvegliato il pomeriggio dopo in una camera sopra la stalla di due capre, con un tetto in lastre e coibentato da paglia e steccioni di mais, murati a fango e sostenuti da travicelli in legno.

La stanza era di uno dei cento nipoti del re ormai 75enne, era di uno studente di ingegneria ad Umahia, il nonno re, pur anziano, nulla aveva da invidiare ad un giovane di trent’anni, fisico asciutto, muscolatura che ancora risaltava da quelle braccia e gambe, e uno sguardo che ti faceva capire esperienze e conoscenza di vita terrena.
Aveva avuto sette mogli e 42 tra figli e figlie, io ero l’ospite portato lì e lasciato da solo, dalla prima figlia della prima figlia sua, della prima moglie. Nella capanna sopra l’agora’ dove si era svolto il mio ricevimento, vi era un suo ritratto con lancia e corona e scudo di guscio di tartaruga marina.

Dopo il cenone al mio arrivo con riso e sugo con pezzi pollo e un liquore da ulcera immediata, la sera fopo il mio risveglio mi portarono un brodo del pollo del giorno prima con gli avanzi dello stesso pollo, che mi risollevo’ dall’anestesia del calumet.
La mattina dopo venne la solita bambina della minestra, 14 anni non del tutto formata e con degli occhi dolci di un color mandorla, portava una vestitino rosso, forse di quelli che avevo portato io, a portarmi un buon caffè americano, e un inglese scolastico disse che dovevo lavarmi.

Aveva lasciato di fronte a una serie di staletti in una piccola discesa al limite del villaggio un secchio di acqua e un sapone tipo marsiglia.
Il Primo stalletto era la doccia, entrai e lasciai i miei indumenti, che la ragazzina prese e sostituì con altri che aveva lei stessa preso dalla mia samsonite rigida.
Mentre mi ero iniziato a lavare lei si propose di aiutari per la schiena, intanto altri ragazzini si erano dadunati più per curiosità, non avevano visto nessun bianco, i due coniugi tedeschi che avevano costruito una villetta con due statue di alani neri alla porta, l’avevano abbandonata da più di 10 anni, ma nessuno aveva profanato quella costruzione anzi tagliavano l’erba, per un loro eventuale ritorno.

Senza nessun aiuto fini di lavarmi e vidi gli stalletti attigui alla doccia: uno era il cesso comune di quella parte del villaggio, e quello successivo era la stalla di altre 3 capre, e dopo un “greppo *si aveva ua specie di concimaia dove gettavano di tutto e ancora nel presello sottostante un infinita di pomodori e zucchine selvatiche, seminate dal razzolare dei polli nel presello di sopra, cera anche una vite con un palo a pergola e in alto aveva tre grappoloni, di uva da tavola gia matura,….. forse i tedeschi.

Asciugato anche dalla ventilazione continua, mi si presento’ un ragazzotto, mandato dal re, per farmi da guida, lungo una ripida discesa verso il fiume Ehie e il ponte di legno, poco più di un torrente ma di un acqua limpida che veniva voglia di berla, al di là del ponte un capannone di legno.
La porta era aperta e dentro mucchi di tuberi Jam e Coco jam, e poi una trentina di quintali di granturco, un bel granturco lo presi in mano e dissi ” this is Plata” questo e Plata, rimase esterefatto, e era giusta anche la mia stima 29 qquintali da quanto risultava da un registro dei prelievi ( per chi non lo sapesse è il miglior granturco per i polli), non potevo sbagliare da gestore di mangificio per 5 anni.

Successivamemte il ragazzo mi fece risalire il fiume dall’altra parte e arrivammo ad una diga formata da massi che tracimava di continuo e in una riva, sotto, 6 donne in ginocchio che favevano il bucaro sbattendo i panni con una forza inaudita su delle pietre levigate, vidi che usavano cenere e sapone, ma molto più grosso di quello con cui mi ero lavato.
C’erano anche dei lavatoi in muratura, ma forse mai usati, troppo più in alto del letto del fiume.

Il gruppo di ragazzini e in aggiunta altri piu grandi erano nel laghetto sopra la diga che facevano il bagno nudi come erano nati, ci spogliammo anche noi e ci tuffammo tra di loro schizzi risate e guardavo il cielo coperto dai rami che nascondevano le nostre nudità al sole, i pesci iniziarono ad assaggiarmi, carne bianca, che non avevano mai visto incominciai ad aver paura per il mio lombrico e risali’ la riva per indossare le mutande, il ragazzotto disse qualcosa in dialetto” ibo” alle donne e queste si misero a ridere tutte, nascondendo il viso, e ritornando con più forza sul pezzo.

Uscito dal ridicolo pubblico, ci rincamminammo verso il villaggio, ma proseguimmo verso i campi circa 6 ettari lungo le anse del piccolo Ehie di cui 2 adibiti a risaia, il ragazzo disse che riuscivano a fare ben due raccolti in un anno, poi attraverso una passerella su corde di cortecce, risalimmo la collina fino ad uno spiazzo senza vegetazione e con alcuni ruderi, era il vecchio paese che prese fuoco per il troppo uso di petrolio.
La zona è ricca di pozzi non del tutto sfruttati e alcuni ancora da scoprire o lasciati per il limitato giacimento.

Ma l’acqua che avevo bevuto la prima sera e la caraffa che avevo in camera,!??, quando risalimmo al paese che era ancora più in alto di quello bruciato vidi delle tubature che partivano da grondaie dei tetti di ogni aglomerato di case e capanne, che terminavano in una specie di filtro con dei carboni attivi e infine confluivano in dei recipienti poco più grandi di quelli che si usavano per portare il latte in città, in fondo una cannellina, tipo barile l’olio.

Il pomeriggio lo passai intento ad osservare il Re e la sua macina a petrolio, una Victoria inglese del 1918 , mossa da un motote di 9 cavalli, poco piu grande di una sedia sdraiata.
I ragazzi portavano radici tuberi e altro e finita la macinatura il re si faceva pagare, ma un prezzo talmente irrisorio che non compensava il petrolio consumato, verso metà pomeriggio tutti i ragazzi tornarono e il re distribui bibite, anche per chi non aveva portato nulla da macinare, aiutai il capo del villaggio a riporre la macina in una specie di cantina dove teneva cassette di coca cola, aranciate e altre bevande, ma non alcoliche, questo per insegnare ai ragazzi che il lavoro viene remunerato e deve essere sempre remunerato e i loro padri, all’alba partivano per la città a trovar lavoro a piedi, in quanto i mezzi di trasporto, un pulmino toyota passava ogni settimana a portare bibite e poco altro.

Per le emergenza medica c’era l’infermiere stregone, a 6 km nella foresta.
Anche a me toccò fare qualcosa di utile, andare a radunare le capre e pure a mungerne due, poi mi fecero ammazzare una gallina, la sera giunse improvvisa, come se qualcuno avesse spento il sole, solito brodo con un uovo sodo e qualche foglia di verdura e una manciata di radice macinata e cotta. Una sola lampadina nell’agora’ alimentata, insieme ad altre 5 sparse per i vari agglomerati di case e capanne, da un motore a petrolio.

Sei giorni, che mi fecero scoprire la bellezza della pace della natura, scopri’ piante di mango al limitare dell foresta prima dei campi, passarono veloci nella consuetudine del carpe diem, nel prendere cosa ti da la giornata, lessi i libri di analisi matematica in inglese, poi la partenza, ma allontanandomi da quel posto già mi mancava e mi ancavano loro con la loro semplicità di vita!.

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Cesare Fracassi
Cesare Fracassi
Nato ad Arezzo nel 1946, in via Crispi 66, al suono della prima sirena del Fabbricone. Frequentò le elementari a Sant'Agnese, una scuola di vita e di battaglie. Dopo le medie, proseguì con il liceo classico e intraprese studi di medicina e giurisprudenza, completando tutti gli esami di quest'ultima. Calciatore dilettante, fondatore della squadra Tuscar Canaglia, sciatore agonistico e presidente della FISI provinciale. Esperienze lavorative: mangimista, bancario, consulente finanziario, orafo, advisor per carte di credito, ideatore della 3/F Card, registrata presso la SIAE (sezione Olaf n°1699 del 13/4/2000) con il titolo "Global System", agricoltore e, ora, pensionato.
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