Non si fa altro che dire che gli aretini pensano solo al cibo, ma non è vero.
Per tutta la settimana lavorativa pensano al lavoro o alla propria situazione precaria, si stressano, combattono con la vita spesso soccombendo e almeno una sera, tra il giovedì e il sabato, vogliono dedicarla al piacere del cibo; un’altra a quello della carne (inteso come sesso).
Dir loro che sbagliano è difficile, e suona anche un po’ moralistico – bacchettone.
Un’apericena a sette euro?
Una pizza con birra a undici?
Una cena vera con pappardelle alla nana?
Ognuno sceglie o fa quel che può, ma sono davvero pochi coloro che rinunciano.
Perfino gli studenti squattrinati, tecnici, liceali o universitari, un sushi settimanale non se lo negano.
E la movida di mezzanotte?
Ci piace anche quella, e poche storie!
Se costa troppo viverla da seduti lo faremo in piedi (come diceva Guccini, ma erano altre storie).
E allora ben vengano locali in cui si mangia bene e variamente. Aumentare la scelta aumenta il piacere.
E migliora l’accoglienza per i turisti.
Questo non toglie che si possa anche fare altro, come assistere a un concerto, visitare una mostra o coltivare un hobby; ma al piacere del cibo non vogliamo rinunciare!
Checché se ne dica.