Stanno finendo le feste e il mercatino tirolese, che i dati dicono abbia attirato centinaia di persone, sta smobilitando.
Diceva una canzone: cosa resterà di quegli anni ’80?
E noi diciamo cosa resterà di quei fine settimana dove l’assessore Comanducci andava a contare i pullman parcheggiati e controllava se gli alberghi erano tutti pieni?
Cosa succederà ad una piazza Grande dimenticata per tutto il resto dell’anno dalle istituzioni e dagli aretini?
Gli operatori del mercatino tirolese, non avendo radici nel nostro territorio, da buoni mercenari potrebbero vendersi ad altre città, addirittura a Siena, con disperazione dell’amministrazione comunale che già gustava anche la presenza di una ruota al Prato, per la quale ha addirittura lanciato una raccolta firme per superare le perplessità della soprintendenza alle belle arti.
Ora è chiaro che tutto quello che movimenta questa città può essere positivo.
Ma dobbiamo ancora una volta ribadire che continuare a non valorizzare le bellezze nostrane, le eccellenze alimentari e le tradizioni del nostro territorio è un puro suicidio politico.
Dalla perdita della banca in poi è necessario ritornare a credere nelle nostre forze, senza giocare con i soldatini e i mercenari che piacciono tanto a chi cerca solo di “affollare” la città e non a renderla moderna, fantasiosa, appetibile veramente.
Perché una cosa bella è bella e capace di attirare anche con le luci spente, e questo è tutto quello che ho capito della bellezza.
《io cerco in una volta
l’eterno
e l’effimero》