Dallo Statuto del Comune di Arezzo del 1327 tradotto da Attilio Droandi e pubblicato da Alberti editore
Se una donna terrà presso di sé l’uomo di un’altra o commetterà adulterio con qualcuno, dovrà essere condannata cinquanta lire.
E se qualcuno rapirà la moglie ad un altro, dovrà essere condannato a duecento lire; se qualcuno commetterà adulterio con la moglie di un altro senza che ne avvenga il ratto, dovrà essere condannato a cinquanta lire; e la donna dovrà perdere la sua dote, dovunque, di sua volontà, commetterà adulterio.
Ma se il marito tratterrà presso di sé quella sua moglie che commette adulterio dopo che quello è stato commesso, la dote in tal caso non si potrà affatto considerare perduta, anche se per quel fatto fosse avvenuta una condanna.
Se qualcuno, con la forza, vorrà possedere, o avrà posseduto una donna non sposata, dovrà essere condannato a cinquanta lire, e se essa era maritata a cento lire, se essa era di vita onesta e di buona reputazione.
Se poi qualcuno, pur avendo una moglie, contrarrà matrimonio con un’altra donna, dovrà essere condannato a cinquanta lire.
E se qualcuno, in qualche questione, farà opposizione contro sua moglie dicendo di averne un’altra, e non ne darà la prova entro un mese, dovrà essere condannato a venticinque lire per il comune di Arezzo e altre venticinque per sua moglie, e lo stesso si deve osservare per la moglie se farà opposizione contro suo marito.
E su nessun adulterio, stupro o incesto si potrà inquisire o altrimenti procedere, se non sarà avanzata un’accusa da parte del padre o della stessa donna, del marito, del fratello o del figlio della medesima.