Per celebrare i trent’anni dell’attività dei Centri di Terapia Strategica fondati da Giorgio Nardone nel 1987 ad Arezzo, riporto di seguito le parole con le quali durante un’intervista lo stesso Nardone descrive il suo stratagemma, la sua tecnica più famosa:
“Il controrituale per i disturbi ossessivi compulsivi basati su una sequenza numerica. Ovvero quando si ha una persona che è costretta a ripetere continuamente dei rituali o per riparare a ciò che è accaduto o per propiziare ciò che deve accadere.
Il rituale che ho messo a punto parte dalla considerazione che se la logica di un disturbo ossessivo compulsivo è quella di fare qualche cosa che mi permette di rendere possibile qualche altra cosa… perché l’ossessivo compulsivo mette in atto un rituale che lo difende da quello che è accaduto o da quello che può accadere.
Allora mi è venuto in mente che il modo per intervenire doveva essere isomorfo, Similia similibus curantur, diceva Ippocrate, e allora un controrituale che però invertisse il senso dell’esperienza e dell’effetto.
Quindi l’idea è: ok, tu ripeti quella cosa, te la faccio ripetere io un certo numero di volte in modo da prendere noi il potere rispetto all’ossessione.
Ma se l’ossessione non ha più potere si può anche rinunciarvi.
Allora la prescrizione si esprime in una veramente ingiunzione ipnotica. Di qui a quando ti rivedo, ogni qualvolta metti in atto un rito, se lo fai una volta devi ripeterlo cinque volte, non una di meno né una di più.
Puoi non farlo, ma se lo fai una volta lo fai cinque volte, né una volta di più né una volta di meno. E la prescrizione si ripete almeno cinque o sei volte.
Avendo il gazing, il contatto oculare, devi avere la persona che ti risponde come il gatto di fronte ai fari dell’auto; immobile, perché altrimenti raramente la mettono in atto.
La sintesi tra questo tipo di comunicazione e la struttura dello stratagemma fa sì che nella stragrande maggioranza dei casi (circa il 90%) che hanno questa tipologia di disturbo, che magari li ha invalidati da decenni, alla seconda seduta dicono: “E’ strano, ho smesso di mettere in atto la sua prescrizione perché non avevo più bisogno.
Non ho più fatto rituali”.
E Allora gli spieghiamo cos’è accaduto, che abbiamo preso noi il potere dell’ossessione e quindi abbiamo potuto decidere di non farla.
Non perché è diventato noioso, perché loro lo ripetevano molto, molto di più; semplicemente perché abbiamo trasformato il loro modo di percepire la realtà.”
Così il Tulo (soprannome giovanile), in arte Giorgio Nardone, coinvolge i suoi interlocutori da molto tempo e le sue parole sono un esempio di come sia riuscito a ipnotizzare i possibili elettori aretini della sorella Maria Cristina Nardone, ottenendo per lei l’effetto opposto a quello desiderato.
Quasi nessuno di loro, infatti, ha messo in atto il rituale del voto attraverso l’apposizione della classica croce…
《Lei deve essere obbiettivo, a noi queste frasi sotto semaforo non ci convincono! 》
《…noi vorremmo sapere… per andare dove dobbiamo andare… per dove dobbiamo andare? Sa, è una semplice informazione》