Ad Arezzo, da sempre e purtroppo anche adesso, asini, lecchini e raccomandati, ovvero il livello minus della popolazione, hanno vita facile e spesso sono stimati, fanno carriera e si trovano a decidere delle sorti altrui.
Mentre i talentuosi solitamente, hanno vita difficile, figuriamoci i geni.
Scrivono sui giornali in questi giorni: ” È UN GENIO, ma non riesce a trovare una scuola pubblica toscana che lo porti al diploma di Maturità.
Vicenda incredibile quella del diciannovenne del Valdarno aretino: nessun istituto superiore che, oltre ad accoglierlo, sappia mettersi in discussione per entrare in sintonia con una mente al di sopra della media.
Studia da privatista, ma come denuncia la sua mamma Manuela Fusco, «la scuola invece di premiare e valorizzare le eccellenze le fa fuggire».
Così, il fatto di esser super intelligente diventa un problema.”
Proseguono poi le dichiarazioni della famiglia: “La cosa che più fa soffrire me e mio marito è il fatto di dover elemosinare un’istruzione superiore per nostro figlio.
Com’è possibile che per un ragazzo dal quoziente intellettivo tra 136 e 140 sia complicato arrivare al diploma?
Sembra surreale, ma quel che stiamo vivendo è tragico. Mio figlio non può studiare come un normale studente privatista.
I ragazzi come lui, che rientrano nella sfera della cosiddetta plusdotazione, non riescono a fermarsi a un programma semplice.
Le loro menti viaggiano a mille, fanno infinite connessioni tra le più svariate materie».
Si parla tanto di cervelli in fuga, ma quando abbiamo dei talenti, potenzialmente utilissimi alla società, vengono ostacolati.
Questo è un caso limite, ma pensiamo quante persone molto brave nel loro lavoro, nello studio o in ambiti creativi che ad Arezzo non trovano modo di essere valorizzati, di esprimere sé stessi, perchè non utili ad una logica fatta di raccomandazioni, di nepotismo o di non essere “amici degli amici”.
Lo si vede tutti i giorni, con ruoli di responsabilità coperti da perfetti incapaci, ignoranti e inadatti, tanto che ci si chiede come sia possibile che possano essere dove sono.
Arezzo è di fatto una città sorda alle individualità forti, ma libere e slegate alle appartenenze (politiche, massoniche, di ceto o di amicizie importanti).
Finchè vi saranno casi come quello dello studente valdarnese, Arezzo ha perso e perderà sempre.